Museo Archeologico di Calatia - Maddaloni

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Museo Archeologico di Calatia - Maddaloni

Museo Archeologico di Calatia - Maddaloni - Autunno musicale 2017

ll Casino di Starza Penta, una delle più significative testimonianze storiche e monumentali di Maddaloni,oggi sede del Museo archeologico di Calatia, fu una delle residenze principali dei Carafa della Stadera cheebbero in feudo Maddaloni dal 1465. Le prime notizie relative al Palazzo risalgono al 1552 quando viene citato come Starza della masseria delle Torri nell’atto di donazione che Diomede II fa alla moglie Roberta di Stigliano. Lo si ritrova poi citato nel 1610 tra i beni di Diomede IV con il nome di Starza Penta. Con l’ascesa al potere del settimo Duca Marzio III (1660-1703), la masseria subisce un radicale intervento di restauro e viene trasformata in Casino da Caccia e villa d’ozio. Durante il regno di Carlo III di Borbone l’edificio conobbe il periodo di maggiore lustro, spesso ospitava il sovrano nelle sue frequenti battute di caccia. Partito Carlo III per la Spagna, nel 1759 per il Casino comincio un lento declino. L’assetto attuale rispecchia quello del restauro voluto da Marzio III, solo parzialmente modificato dai successivi interventi tesi atrasformare la struttura da Casino da Caccia a fabbricato urbano alla meta del 1800. Da un ampio portale con accesso sulla strada si attraversa l’atrio e, sotto la volta, e possibile ammirare lo stemma dei Carafa della Stadera con alcune insegne araldiche di nobili imparentati con il potente casato napoletano, che Carlo I, succeduto al padre Marzio III, fece apporre nel 1710 a sancire l’ultimazione dei lavori di restauro. Il dipinto, in base a confronti iconografici, potrebbe essere attribuito ad Arcangelo Guglielmelli (1648–1723), quadraturista di Giacomo del Po. Dall’atrio tramite il vestibolo, si raggiunge il grande cortile interno. Il portale in marmo sul lato orientale fu fatto realizzare da Francesco Saverio di Colubrano che, come attesta l’iscrizione, risistemo nel 1811 il bel giardino all’italiana cui si accedeva tramite il cortile. L’epigrafe a coronamento risale a Marzio III (1660-1703) ed era in origine sulla facciata, il testo fu redatto dall’antiquario ed erudita Matteo Egizio “Amicis et ne paucis pateat etiam fictis”. In origine l’iscrizione era all’ingresso del Palazzo, solo successivamente spostata all’interno del cortile in occasione del rifacimento della facciata alla meta del 1800.